I carichi di lavoro del personale sono sempre (o quasi) a tappo! Le aziende di servizi sono molto diverse tra loro e lo stesso vale per la categoria degli studi professionali. Tuttavia, nonostante le differenze visibili, questo elemento li accomuna. Come mai? Dopo questa storia, tutto ti sembrerà più chiaro.
Negli anni, la famiglia Losi ha cambiato tante macchine. Ancora oggi, conservo il ricordo affettuoso di alcune di queste. La prima di cui ho memoria è una Panda rossa: piccola, fiammante e inarrestabile.
Non era affatto lussuosa. Aveva un tettuccio di pelle e della ruggine che cadeva ogni volta che provavi ad aprirlo. Tuttavia, per me, da bambino era il non plus ultra delle automobili. Oltre ai brevi viaggi casa-scuola, ricordo anche qualche vacanza, caratterizzata dal papà che sbuffava per le troppe cose da mettere nel baule e la mamma che cercava di sdrammatizzare.
Alla fine, come fosse un grande tetris, il baule veniva riempito. Finalmente, si partiva, e si arrivava a destinazione con tutte le cose utili appresso. Piccolo che fosse il baule, non mancava mai nulla di essenziale.
Poi, ricordo che al posto della Panda arrivò una Toyota Picnic. Non altrettanto rossa, ma certamente molto più spaziosa, lasciava ben sperare per la prossima vacanza. Eppure, a discapito delle mie aspettative, la storia si ripeteva ad ogni viaggio. Un continuo sbuffare per incastrare l’indispensabile nel baule, le borse che non finivano mai e la mamma – rinomato cardiologo oltre che meravigliosa persona – che si destreggiava per tenere tutti a livelli di pressione arteriosa accettabili.
Lo spazio non era mai abbastanza. Lo stesso è stato vero per qualunque altra macchina io abbia mai utilizzato per un viaggio. Sono certo che riusciremmo a riempire anche un container se solo lo avessimo a disposizione.
Qual è il problema dunque? Il baule? Quel sant’uomo del papà che sbuffa troppo? Oppure la ciurma che prepara troppe valigie?
La verità è che i bagagli da portare in vacanza aumentano con il volume del baule. Questa è una dinamica squisitamente umana. Se le cose in più siano tutte utili è un altro discorso, ma sull’onda del “non si sa mai” ho visto caricare in macchina un piumino caldissimo in pieno agosto perché comunque “potrebbe servire”.
Se ti riconosci in questo racconto, magari sai anche che, appena dopo la partenza, inizia un altro gioco molto divertente ovvero quello di confrontarsi tra passeggeri su quante delle cose stivate siano realmente necessarie ed utili e, probabilmente, anche tu arrivi alla conclusione che si sarebbe potuto fare a meno di tanti fronzoli e partire più leggeri.
Eppure, alla vacanza successiva nessuno ha imparato la lezione. Lo stesso vale per il lavoro nello studio professionale. Come approfondito in questo articolo sul Timesheet, il lavoro si espande in funzione del tempo disponibile, proprio come i bagagli in funzione dello spazio nel baule.
Il problema non sono il tempo a disposizione, le cose da fare o il personale che svolge il lavoro, ma come si usa. Immagina le 8 ore di una persona come il baule della macchina. Se fossero 10 a parità di carico di lavoro, cosa pensi succederebbe? Noteresti 2 ore “libere” in cui la persona non sa cosa fare?
Probabilmente no. Queste 2 ore extra si impiegherebbero semplicemente perché ci sono e verrebbero impiegate per cose “utili” seppur magari non fondamentali. In alcuni casi lo spazio extra viene utilizzato per l’attrezzatura sportiva in modo da non noleggiarla, in altri per il piumino caldissimo nel mese di agosto.
Tutto ciò viene fatto sempre con le migliori intenzioni come risparmiare sul noleggio o tenere al caldo la famiglia in caso di freddo inaspettato, e non, certamente, per fare sbuffare il papà (anche se questa affermazione dovrei confermarla con la mamma…).
Nello studio professionale le ore si utilizzano tutte per svolgere il lavoro a disposizione. Per questo, tutti si trovano “a tappo” con i carichi di lavoro.
Forse però, proprio come per il baule, la cosa più assurda è continuare a stupirsi di questa dinamica. È quasi una legge fisica e per questo è inutile “sperare che funzioni diversamente”.
Più utile è, invece, avere il controllo, attraverso un’attenta gestione dello studio professione, di quello che ognuno fa, in modo da poter identificare i “piumini” e capire quando sono accettabili perché c’è spazio e quando invece creano ingombro a discapito di cose più utili.
Insomma, per poter partire leggeri è necessario sapere che cosa serve davvero e per avere uno studio professionale di successo è necessario concentrarsi sulle cose da fare più che sul tempo che si ha a disposizione, ossia sulla valigia e non sullo spazio del baule.
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Articolo pubblicato su Ratio Quotidiano in data 04/03/2022