Il carico di lavoro di uno studio professionale indica la quantità di “attività utili” che ogni dipendente riesce a gestire.
Per il titolare, risulta importante averne consapevolezza. In caso contrario, dovrà basarsi sulle impressioni e le sensazioni individuali. Tuttavia, questa pratica non risulta particolarmente costruttiva perché porta a incomprensioni e fraintendimenti all’interno della struttura.
In questo articolo imparerai:
L’obiettivo di implementare una corretta gestione del carico di lavoro è capire quanto, appunto, lavoro una persona dovrebbe riuscire a gestire, rispetto a quello che sta già gestendo.
Da quanto emerge si potranno avere risultati molto più mirati e prendere delle decisioni più efficaci e condivise.
Ritrovare ore libere e intervenire sulle inefficienze è importante per lo studio professionale che può impiegarle in altre attività. Tra queste troviamo la gestione di nuovi clienti o lo sviluppo commerciale della propria realtà, oggi imprescindibile.
Tuttavia, emerge fin da subito che gestire i carichi di lavoro nello studio professionale è un problema ben più “complesso” di quello che si crede.
Il timesheet aiuta professionisti e commercialisti a calcolare il corretto carico di lavoro per i collaboratori dello studio?
In realtà, che il timesheet renda evidenti i carichi di lavoro della struttura è uno dei principali fraintendimenti che mi capita di chiarire ai titolari di studi professionali. Vediamo perché nelle prossime righe.
Quando ha l'opportunità di partecipare ai convegni di persona, con gli ordini professionali, pongo sempre una domanda al pubblico, tra le mie preferite: “Chi sente di avere spazio per nuovo lavoro nella propria struttura?”.
Mi piace perché, indipendentemente dal numero, solo pochi professionisti alzano timidamente le mani. A quel punto rilancio: “Se arrivassero 4 clienti domani, sapreste a chi assegnarli?”.
I pochi timidi si riducono così a 0 o a qualche unità.
Le domande a commercialisti e a varie categorie di professionisti mi hanno dato esiti molto simili in svariate occasioni. Questo scenario mi ha sempre incuriosito.
Infatti, risulta evidente che, presi a campione 100 studi professionali in platea, i volumi gestiti per addetto, in ognuna di queste strutture, siano molto diversi. Su 100 troviamo la struttura “iper-organizzata” e quella “iper-disorganizzata”. Tra la “migliore” e la “più migliorabile” puoi aspettarti volumi anche tripli o quadrupli “a parità di risorse”.
Eppure, la percezione di carico di lavoro, che è quello che realmente volevo testare con le mie domande, è la medesima: sono tutti “altrettanto pieni”.
Non c’è da stupirsi. Ogni studio, ogni struttura e persona, è piena di cose da fare. Qualora non lo fosse, non è difficile trovare qualcuno da aiutare o un’altra attività da svolgere.
Esiste poi la “legge di Parkinson”, da non confondere con l’omonima condizione di salute. In questo caso Parkinson è un economista inglese che ci spiega una cosa molto importante e tipicamente umana: i tempi di lavoro si espandono in base al tempo a disposizione. Più c’è tempo a disposizione, più i tempi di lavoro si dilatano.
È per i motivi elencati qui sopra che il mero strumento di timesheet non “risolve” il problema di come capire i carichi di lavoro. Se si chiede alle risorse umane di rendicontare la propria giornata lavorativa, lo faranno, ma i tempi quadreranno. Quadreranno sempre. La vera domanda che il titolare dovrebbe porsi è questa: Pieni siamo pieni, ma di cosa?
Purtroppo, anche in questo caso il timesheet ci dà un’indicazione, ma non la soluzione fatta e finita. Il motivo è semplice. Non troverai scritto: lavorato/non lavorato, cosa utile/cosa inutile, ma una serie di informazioni che una volta aggregate possono rivelare quanto tempo è stato impiegato per il cliente o l’attività. Se questo tempo risulta eccessivo, corretto o ridotto è un discorso successivo, legato alla capacità del controller di leggere l’informazione.
Nessun dipendente del tuo studio professionale si sta girando i pollici. Se il tuo personale lo sta facendo, non hai bisogno di un timesheet per saperlo. Se non lo fanno, non è comunque dal timesheet che ti accorgi se il tempo è ben impiegato o meno. Bisogna scavare più a fondo dell’apparenza dei dati.
La rilevazione dei tempi a consuntivo, senza una pianificazione accurata delle ore previste per ogni cliente e commessa, lascerà tanti dubbi e tante aree grigie di inefficienza . Se non analiticamente quantificate, saranno impossibili non soltanto da risolvere, ma anche da individuare. Il confronto con specifici benchmark di settore risulta essenziale per individuare rapidamente questi spazi.
Per capire i carichi di lavoro, bisogna andare oltre le abitudini storiche e togliersi dalla testa che l’obiettivo è individuare chi non sta lavorando. La missione del titolare che decide di mettersi il cappello del controller è ben diversa. Consiste nel capire dove vanno le ore, ben consapevole che verranno usate tutte, ma altrettanto consapevole che non tutte andranno dove dovrebbero andare.
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Ratio Quotidiano Centro Studi Castelli Srl